Fotografie in bianco e nero e ritratti colorati
Mi capitano centinaia (e non sto esagerando) di cose che vorrei scrivere, di cui vorrei lasciare un segno, anche se piccolo, su questo diario ma c'è qualcosa che rende estremamente complicata questa operazione. La ragione non può essere solo di naturale temporale perchè, se è vero che sono molto impegnato, è vero pure che spreco molto del mio tempo libero per cose di scarsissimo valore emotivo, per perseguire futili iniziative di "rinascita sociale", per inseguire obiettivi lontani e nemmeno troppo miei.
Quando mi preparo a scrivere sento i pensieri pronti ad esplodere: li sento correre per i lunghissimi corridoi della mente e accalcarsi, tutti insieme, sui polpastrelli delle dita. Vorrebbero poter uscire tutti contemporaneamente e subito, fare strage di ogni cosa che si interpone tra la mia fisicità consunta e la mia sensibilità. E' un peccato - devo ammetterlo - che non riescano a vincere la propria natura blasfema e il proprio congenito cannibalismo. Si sfidano e si uccidono l'un l'altro, e lo fanno, credo, perchè non hanno un idea precisa del benessere di chi li ha generati: sono ottusi e tremendamente egoisti. Sono i miei pensieri.
Qualche giorno fa, esattamente domenica scorsa, Simona mi ha fatto una domanda: "se avessi la possibilità di scegliere una cosa che ti manca e che concorrerebbe, in maniera importante, a renderti felice, in questo momento, cosa sceglieresti?". A bruciapelo è una domanda estremamente complessa, infatti ho preso tempo e le ho detto che c'avrei dovuto pensare molto, perchè era una domanda a cui non si poteva rispondere d'impatto. Ho fatto serie e difficili riflessioni su quale poteva essere la chiave della felicità, sono partito dalle cose più nobili, come la libertà o il senso del tempo, ho pensato ai luoghi e agli ambienti confortevoli, al mare e al sole di Maggio, sono passato a fare riflessioni sulle donne importanti della mia vita, ho pensato a quelle che vorrei ancora accanto a me, agli amici lontani, a quelli che si sono persi, alla mia famiglia, che troppo faticosamente tengo legata, a tutte le cose che avevo e che non ci sono più. Non posso dire di aver trovato, nei miei ragionamenti, esattamente quello che cercavo. Forse la somma di tutto, forse niente. "Forse niente", ecco la risposta. Anzi, meglio ancora: niente di particolarmente complesso o introspettivo. Voglia di cose normali, mediocri, banali. Voglia di un lavoro di prestigio e molto ben pagato, di soldi per comprare pezzi di libertà (la libertà venduta a tranci nel mercato delle apparenze), di una donna bellissima che mi lasci senza fiato. Mi piacerebbe che si innamorasse perdutamente di me, che lo facesse in un momento speciale e in un luogo speciale. Vorrei un pò di straordinaria normalità, ecco.
Ieri ho visto un gruppo suonare dal vivo e ho pensato che, se avessi avuto una voce capace, probabilmente avrei scritto delle canzoni bellissime. Ogni volte che utilizzo un "se" riferito alla mia persona ragiono di un fallimento. Mettere in fila i propri fallimenti, provare ad analizzarli e non somatizzarli, è un'operazione particolarmente logorante e perniciosa. Non ho voglia di fare del male a me stesso. Passerà, mi ripeto, passerà.
"Io non ho speranze ma credo nella cura"