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L' Impero alla fine della decadenza

Un giorno da dimenticare

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Sono solo le 9 di sabato sera, sono stato costretto a lavorare fino al primo pomeriggio e poi, preso dai rimorsi delle leccornie mangiate al congresso dove mi trovavo, sono andato in palestra e poi a correre (psicopatologicamente sono convinto di aver corso a 144bpm e di aver bruciato tutto lo zucchero in eccesso nel sangue). Sono relativamente provato da questa inquietante settimana e sono un pò stanco. Già, la stanchezza probabilmente sarà la chiave di lettura delle ore che mi separano dal sonno. Se avessi avuto vicino Valeria o Massimo gli avrei indubbiamente detto che "è evidente il peggioramento in atto nella qualità della mia vita" e sono certo che, con ciò, avrei sdrammatizzato il corso che gli eventi hanno preso. Ma loro non sono qui e allora è impossibile tirarsi indietro: ennesima lotta, persa in partenza, contro la depressione.


Fino a quando non la smetterò di considerare questo periodo, quello che sto vivendo da qualche mese, come una mera fase di passaggio tra il passato (la solidità della concretezza di tutto quello che è stato) e il futuro (l'aspettativa di un mondo orientato al miglioramento costante), come qualcosa che "tanto prima o poi finisce e tutto riprende come dovrebbe essere", non ci sarà molto su cui congetturare. Se, in concreto, non prendo consapevolezza che l'evoluzione delle epoche ha portato a radicali involuzioni del rapporto tra l'ontologia e la deontologia del mio personale divenire, continuerò a non reagire, continuerò a subire passivamente il contesto: effetto e non causa delle mutazioni latenti.
Forse dovrei prendere il cellulare e chiamare qualche numero della mia rubrica. Potrei riservare un gran bel "vaffanculo" alle persone che ancora mi tormentano con vaghi e tristi ricordi, che hanno preso e preteso senza saper mai dare abbastanza. Potrei chiedere perdono a tanti che mi avrebbero voluto ascoltare ma a cui ho, violentemente e arrogantemente, sbattuto la porta in faccia: il segno più evidente degli insuccessi delle mie scelte. Ma quanto sarebbe utile ascoltare le loro reazioni? Quanto sarebbe produttivo, ai fini del miglioramento della qualità della vita, fargli sapere quello che io penso di loro in questo istante? No, non condurrebbe proprio a nulla, "i panni sporchi si lavano in casa": consapevolezza dei propri limiti, percezione del presente , riscoperta del desiderio della volontà di potere. In fondo è semplice, si tratta solo di uscire da questo spaventoso nichilismo, di ricominciare a vivere, per davvero.
Ho deciso che comprerò una moto. Mi da l'idea di libertà ed è uno dei miei più giovanili desideri. Sarà una monster 620 dark, sarà la "mia moto". Purtroppo ci sono una serie di ostacoli da superare: la patente A, il costo, l'assicurazione, il garage, etc etc. Tempo e buona forza di volontà, non serve altro.
Ah, poi ho un'altra idea che mi gira per la testa. Vorrei frequentare un piccolo corso da sommelier. E' da pochissimo che ho imparato ad apprezzare i sapori e gli effetti del buon vino, mi piacerebbe poterne approfondire la conoscenza, saperli distinguere ed identificare, atteggiarmi ai ristoranti e nelle cene importanti: piccoli sommelier crescono.
La scorsa domenica sono andato a prendere un pò di sole nella villa vicino casa. Con "il primo Dio" a tenermi compagnia (le conclusioni alla fine del libro) ho approfittato di tutti i raggi solari che la mia candida pelle biancastra riusciva a cogliere. Il mare è lontano e poi, comunque, non ho nessuno con cui andarci. Domani sarà come domenica scorsa, una tranquilla domenica di pace e solitudini.
"...io sento solo l'aria che entra da una finestra rotta, sento solo le mattonelle fredde sotto i piedi e le pareti che scricchiolano, sento solo le vene, che finiscono dove finisco io. E passo il tempo a toccare i punti in cui mi manchi...e li sento cedere."