Iniziare a scomparire
Pare che ci sia un autentica alluvione su Roma. Così scrive il giornale e così è: piove ininterrottamente da ieri pomeriggio e gli "esperti" dicono che pioverà ancora per qualche altro giorno. Troppo semplice cercare una facile giustificazione al mio intransigente immobilismo nella pioggia, sarei comunque rimasto a casa, anche se ci fossero stati 30 gradi e il sole d'Agosto.
Si potrebbe definire una sorta di malattia questo mio immobilismo, un morbo veemente e lacerante, il cui unico sintomo è la totale assenza di sintomi: sentirsi normale mentre tutto intorno crolla, sentirsi consono e perfettamente conforme alle decadenze dell'impero. Avrei dovuto prevedere che sarebbe accaduto, avrei potuto prevederlo, alzare le difese e chiudere le barriere, nascondermi. Ma non l'ho fatto, ho provato a sovrapporre il mio mondo ad altri possibili e ho fallito. Venerdi ne ho parlato con Valeria, abbiamo discusso sul senso del benessere e sulla sua ricerca. E' emersa la mia solita visione delle cose, confermata, se già ce ne fosse bisogno, dalla quotidianità. Il proprio bene, in quanto tale, è incompatibile con tutte le forme diverse da esso ed è contrastante, ma sovrapponibile, con quello di tutti gli altri esseri umani. Possiamo decidere, in pratica, di rinunciare ad una parte di esso per ricevere un pò di qualcos'altro, possiamo "sovrapporre" differenti schemi di serenità, superare circostanze imbarazzanti e profumi ostili. Quanto costa questa operazione di ingegneria sentimentale? Cosa produce, in concreto? Costa molto, moltissimo, e si paga in orgoglio e rassegnazione, in cocenti delusioni per aspettative mancate e in solitudini immeritate. Da un punto di vista meramente utilitarista è un' operazione completamente sballata ma i sentimenti, si sa, sono imprevedibili e questo complica, di molto, le cose. L'unica soluzione sarebbe quella di vivere nel più totale individualismo, senza indulgenti e patetiche sovrapposizioni, ricavando, dal contesto, il miglior beneficio possibile. Fenomenologia e metodologia dell' "io al centro di tutto, io prima di tutto". Ma l'argomento non si esaurisce qua, Valeria sostiene che, pur ammettendo e volendo mettere in atto questo ultra-individualismo, si rimarrebbe comunque scoperti da tutte quelle manifestazioni esterne che potrebbero essere incompatibili e, in ultima istanza, nocive per il proprio bene. Ammetto di non avere risposte plausibili e definitive da offrirle: gli uomini sono troppo vulnerabili, fragili e fallibili. L'individualismo finisce dove cominciano le paure, l'individualismo non è perfetto, "qualcosa si perde, per forza!", ha ragione Valeria.
Le distanze sono elastici di gomma che si allungano e si restringono. Esistono come manifestazione spazio temporale della volontà psicopatologica che le genera ma, nella stragrande maggioranza dei casi, si annullano da sole. Solo una grande determinazione riesce a rompere un elastico in tensione, il più delle volte si è costretti a cedere al suo potere autocompattante. Così le distanze.
"Cosa invento qui ora
quando già so
che non avrò risposta
neppure due righe d'occasione
affidate alla posta celere...[..]
E alla lunga anche le tue spalle stancano
smettono di stupire
credi
i danni in superfice sono incalcolabili
qui nessuno sanguina.
In prospettiva
ci si abitua a tutto
anche alla normalità
non sei così speciale
credi
è solo psicoterapia il mercoledi
e qui nessuno sanguina.
Alla lunga
ci si arrende a tutto
anche alla mediocrità
non fa poi così male
credi
i danni in superfice sono trascurabili
qui nessuno sanguina.
Entro l'alba
coltiverò con cura le mie crudeltà
non farà così male
vedi
ho intorno una fiumana di belle amiche ardenti
scelgo a caso chi si salverà."