Il canto dell'inverno che va
Oggi, mentre andavo in palestra, ho visto una signora con il figlio, portatore di handicap, guardare la vetrina di un negozio. Il negozio era da donna per cui presumo stesse cercando un vestito per lei, il ragazzo era distante all'incirca due metri, gli sono passato in mezzo, con la solita fretta, il solito borsone calante sulla spalla e i soliti 10 mila pensieri rimbalzanti, e ho incrociato i suoi occhi mentre la madre gli diceva di entrare nel negozio avendo, evidentemente, trovato qualcosa di "carino", come amano dire le donne.
Mi ha colpito il viso di quel ragazzo, per la sua totale "assenza", per l'innocenza e l'ingenuità che è riuscito, in un istante, a trasmettermi. Era in un mondo che nè io, nè la mamma, nè nessun'altro, in fondo, potevano riuscire a capire: miliardi di kilometri di distanza, anni luce nel tempo infinito dello spazio. Siamo fortunate, noi persone considerate "normali", a non dover affrontare tutta quella serie di problemi che gli handicap producuno. Camminiamo con le nostre gambe, siamo autogestibili, indipendenti, "sovrani", siamo un sacco di cose e possiamo diventarne tante altre ma, per quanto complessi possano essere i nostri sforzi, non potremo mai arrivare a vedere lontano quanto quel ragazzo. E' suo, e non nostro, il totale dominio delle leggi che regolano il tempo e lo spazio.
Sono impegnato su più fronti, alcuni producono incoraggianti risultati, altri, purtroppo, roventi delusioni e fallimenti. Lavoro moltissimo e, malgrado le innumerevoli difficoltà, riesco a raccogliere buoni frutti. Vivo con il giusto entusiasmo un periodo estremamente importante e ricco di potenziali e fondamentali cambiamenti: corro e non ho avuto mai così tanto fiato nei polmoni. La metafora è quantomai azzeccata, il fisico, infatti, sembra supportare, con stoico agonismo, ogni iniziativa della mente. Il nuovo allenamento, breve-intenso-concentrato, non lascia spazio a nessuna debolezza, forgia e potenzia i tessuti muscolari, rinvigorisce i nervi, accresce la forza e, inevitabilmente, rende accettabile e psicologicamente sostenibile ogni nuova e più severa sfida. Mente e corpo, armoniosamente miscelati, contribuiscono, in egual misura, alla sostenibilità dello sforzo più estremo. Mente e corpo, armoniosamente insieme.
Ho conosciuto una ragazza e mi sono sinceramente appassionato alla situazione che sembrava essersi creata. Era da tempo che non mi capitava di fare alcune "strane" considerazioni sentimentali e sarà per questo motivo, forse, che mi sono lanciato in un'impresa titanica e senza troppe vie d'uscita. L'esperienza è stata devastante, così come è stato nocivo - col senno del poi tutto è più chiaro - allontanarsi dal paradigma "io prima di tutto, io al centro di tutto". Per la prima volta sono stato trattato con puerile e schifosa indifferenza, ho subito un celato ma bieco disprezzo per la mia visione "poetica-patetica" dell'esistenza e dei rapporti. Fallisce il mio mondo magico, fallisce nel modo più immorale e grottesco, ma non abbandono, e non lo farò mai, il sogno che mi porto dentro, a costo di rimanere solo, per tutta la vita.
E' arrivato l'inverno e, con esso, il freddo. Tra poco sarà il mio compleanno e chi mi conosce sa bene quanto questo sia motivo di profonda angoscia.
"io ti lascerò perchè ho capito che non posso stare fermo a guardarti mentre insisti nello sfidare i mulini a vento. Io ti lascerò perchè non ho voglia di farti guarire, voglio ammalarmi di pura follia e curare verso per verso la mia malattia..."