"...e bisogna avere stile anche nei momenti peggiori"
Capita che finiscono le ferie, che già sei depresso perchè è il 20 agosto e devi tornare in una città deserta e arsa dal caldo, capita che buchi in autostrada alle 9 di sera, è buio e non hai mai cambiato una gomma in vita tua, capita che trovi le formiche che hanno deciso di trasferirsi nei tuo alloggi, capita che il giorno dopo lavori, che sei triste e avresti solo una voglia matta di piangere al buio.
Non è stato uno dei ritorni più facili - devo ammetterlo - e tantomeno uno dei più fortunati. Le due settimane di ferie si sono sciolte come un ghiacciolo sotto il sole. Rapide, travolgenti, dense ed acide come lo yogurt. Sono bastate, tuttavia, a farmi raggiungere un livello più elevato di consapevolezza emotiva: non avrei mai pensato di essere capace di compiacermi, gioire, illudermi, irritarmi e sostanzialmente fallire in sole due misere settimane. Sto diventando un fenomeno a complicarmi la vita, più passa il tempo e più acquisto punteggio nella classifica dei "senza fissa stabilità".
Roma, ad Agosto, è la città più alternativa del mondo, e solo i veri intellettuali sub-urbani, cresciuti sotto l'egida del potere coattivo della provincia meridionale, riescono ad apprezzarne pienamente le sfumature suggestive e incantate. Vorrei che questa città fosse sempre così, avvolta in una non-nebbia di emozioni conturbanti ed eleganti, in cui essere soli ed esclusivi protagonisti delle strade e dei tempi di percorrenza.
Il lavoro rende giustizia ad un periodo non propriamente brillante della mia sensibilità sentimentale. Ho fatto una serie di valutazioni impegnative, ho stabilito regole, polverizzato i punti di vista e stimato ogni possibile risultato. Senza averne completa legittimità ho toccato i punti estremi e perfetti delle mie più celate supposizioni: l'alpha e l'omega armoniosamente vive nella contingenza. Il peggio è quello che resta di questa favolosa dicotomia, il peggio è la mia forzata ignoranza e autarchia dai processi in corso, il peggio sono io che non dipendo da me.
Quello che ci vuole è un pò di tempo per capire e un altro pò per somatizzare, bisogna avere stile anche nei momenti peggiori, in barba a chi concettualizza bibite dal retrogusto di uovo sodo e favorisce contatti con le lobby dei produttori di vocabolari di sinonimi e contrari.
Stavolta cito me stesso, il pezzo, in mp3, lo metto on line con la prossima puntata.
"Quello che i miei occhi potevano vedere era una gigantesca distesa bianca, una spiaggia coperta di neve senza un passato di memorie, senza nostalgie e sensibilità. Era il sublime ritratto di un'esistenza emozionale, cimitero invisibile, senza lapidi nè fiori colorati, dove una volta vibravano e pulsavano energie ricchissime e disobbedienti".